
Facendo leva su questa lacuna e su teorie linguistiche che si discostano da quelle tradizionali usate per spiegare l’etimologia dei toponimi della Sardegna, Salvatore Dedòla sostiene per Sestu un’altra origine. L’errore di fondo, secondo Dedòla, deriva da fatto che a partire dal Wagner diverse generazioni di linguisti hanno tramandato l’idea che la lingua sarda sia figlia del latino. Questa teoria, secondo Dedòla, disconosce il fatto che i popoli presenti in Sardegna prima della colonizzazione romana avessero una lingua propria e non tiene conto dei risultati delle ricerche storiche e archeologiche. Queste dimostrano che nell’epoca preromana (I millennio a. C.) il mediterraneo era diviso in due sfere d’influenza: quella orientale egemonizzata dai Greci, quella occidentale, in cui era inserita la Sardegna, egemonizzata dai Fenici. Pertanto, quando i romani arrivarono in Sardegna (238 a. C.) i suoi abitanti parlavano il semitico, ovvero una lingua non indoeuropea.
Dedòla cita a sostengo di questa ipotesi alcune testimonianze dell’epoca, tra cui quella di Cicerone che nella famosa orazione in difesa di Scauro denuncia una Sardegna dove, ancora duecento anni dopo l’invasione, non esiste nemmeno una città amica del popolo romano. E se non erano amiche le città situate lungo le coste che rappresentavano i capisaldi della dominazione romana dell’isola, figuriamoci quanto dovevano esserlo le popolazioni dell’interno, di cui è nota la strenua resistenza (culturale prima ancora che militare) che opposero alla romanizzazione. Perché dunque avrebbero dovuto rinunciare alla loro lingua per adottare quella dei colonizzatori della loro terra? Insomma la popolazione che abitava la Sardegna fino al I sec. a. C. aveva mantenuto notevoli affinità con i Libico-Punici africani e lo stesso l’appellativo di afer, africani, usato da Cicerone come equivalente di sardi suggerisce la realtà di popolazioni africane presenti nell’isola. Peraltro numerose altre fonti, come si legge nei più recenti manuali di Storia della Sardegna, confermano l’immissione di gruppi umani provenienti dall’Africa settentrionale già da epoca preistorica. Insomma, per Dedòla la -u dei sardi non deriva dalla -us romana ma dall’antica -u sumerica, accadica, assira, babilonese e la medesima origine avrebbero anche le velari k e g del centro-nord Sardegna. Allo stesso modo, non essendoci prove archeologiche e linguistiche che dimostrano l’esistenza di una strada romana di una qualche importanza che passava per Sestu, il nome del nostro paese deriverebbe invece dal sumerico šestub: primavera. Suggestivo, se non altro.
Sandra Mereu